Blog

Intervista al direttore e allo chef del Grand Hotel Victoria di Menaggio by Marco Colognese

27 Luglio 2021

Il food writer e critico enogastronomico Marco Colognese ha intervistato Marco Montagnani, direttore, e chef Martin Vitaloni del Grand Hotel Victoria di Menaggio. Una struttura alberghiera di alto profilo, sulle sponde del Lago di Como, nella quale abbiamo completato un complesso progetto tailor-made in collaborazione con il nostro rivenditore BM Italia, che si è occupato anche dell’arredo della sala colazioni show-cooking, su progetto dell’architetto Franco Pe’

Il Grand Hotel Victoria Concept & SPA di Menaggio by R Collection Hotels della famiglia Rocchi e affiliato al Gruppo gruppo Small Luxury Hotels of The World è un luogo davvero affascinante. Fin dai tempi della Belle Époque si fermavano qui le famiglie importanti di tutte le nazionalità che che scendevano dall’Engadina per passare una vacanza in riva al lago in questa magnifica struttura in stile liberty. Soffitti importanti, stucchi e ampie vetrate si combinano con soluzioni moderne e all’avanguardia senza tralasciare un tocco di territorialità e l’ispirazione ai Promessi Sposi di Alessandro Manzoni. Le 34 stanze nell’edificio originale “La Villa” si affiancano alle 47 camere del “Il Palazzo”, tutte con una vista notevole sul lago o sulle montagne che lo circondano.

 

Marco Montagnani è il direttore della struttura dal 2019: uomo di grande esperienza nel settore spiega come sia fondamentale lavorare su dettagli ed esclusività per far sì che un hotel di lusso sia davvero tale. Dalla qualità del sonno alle cortesie che gli ospiti troveranno nella loro stanza, ogni piccolo particolare dev’essere pensato affinché nulla sia affidato al caso. Anche la ristorazione è naturalmente un aspetto strategico: “Oggi si tratta di un servizio che è performante come le camere, quindi la ristorazione va pensata a partire dagli spazi rivolti all’ospite. Quello che stiamo facendo qui, in controtendenza rispetto ad altre realtà del lago di Como, è cercare di rompere gli schemi invitando anche la potenziale clientela esterna, così come accade all’estero, per far vivere comunque gli spazi dell’hotel. Del resto, siamo a 35 minuti da Lugano, la Valtellina è a un’ora e St Moritz ad appena un centinaio di chilometri da qui”. La scelta della cucina è stata quindi valutata con grande attenzione e lo chef Martin Vitaloni, arrivato a progetto già in fase di realizzazione, racconta: ”Il progetto era già stato ben avviato e con il direttore, cartina alla mano, abbiamo fatto alcuni aggiustamenti immaginando i flussi e i posizionamenti ideali per macchinari e attrezzature. Si sono ottimizzate alcune zone già pianificate, ad esempio abbiamo allargato la zona pasticceria dove realizziamo in autoproduzione tutto ciò che è lievitato, sia per la nostra struttura sia per l’Erre Restaurant presso il Golf Club di Menaggio che è pur sempre un nostro “satellite” e ancora abbiamo sistemato il garde-manger per la pulizia di carni e pesci di grosse dimensioni”. Continua Vitaloni: “Mi era capitato di progettare altre cucine e quello che si cerca sempre di fare è non ripetere gli errori che possono essere stati commessi in precedenza, perché alla fine il progetto sulla carta può sembrare perfetto ma quando si arriva a lavorare ci si rende conto che alcune cose avrebbero potuto essere concepite meglio. In questo senso devo dire che lavorare a fianco dei tecnici B.M. Italia – rivenditori Gico – che hanno saputo interpretare le nostre esigenze assecondandole, è stato un grande vantaggio”. 

L’esperienza di Vitaloni è notevole: classe 1979, parte dai ristoranti tradizionali del lodigiano e del pavese. La svolta avviene con l’apertura di Bulgari a Milano a fianco di Elio Sironi: “un investimento importante a livello di apprendimento, fatto quando avevo solo 25 anni”. Poi Chateau Monfort, struttura di Relais et Chateaux dove si trova a lavorare con il direttore Montagnani; è qui che la proprietaria trova una definizione per la sua cucina chiamandola “endorfinica”. Ancora con Antonio Guida al Seta del Mandarin Oriental a Milano e nella rapida parabola del Clandestino con Moreno Cedroni. Non manca l’apertura del Botanical Club di Milano e un periodo a New York. In definitiva Vitaloni è un cuoco con 5 aperture alle spalle e la sua cucina è legata all’interpretazione dei classici in modo moderno: “non solo nell’impiattamento, però, perché amo anche rivedere la lavorazione degli ingredienti attraverso tecniche che vanno da cotture differenti alla fermentazione. Mi piace chiedere all’ospite quali siano i suoi piatti e ingredienti preferiti e da lì partire per creare menu e personalizzazioni “endorfiniche”. Per questo la cucina e la sua progettazione sono fondamentali. Qui al Grand Hotel Victoria tutto parte dallo stesso luogo fisico, dal room service al ristorante gourmet: “Per il momento ho diviso la stufa”. Raccontando di sé, lo chef afferma: “A mio modo di vedere in un team di cucina non deve mancare l’armonia. Ogni chef ha vissuto almeno un’esperienza in cucine dove si grida dalla mattina alla sera e per come lavoro io è fondamentale circondarsi di persone intelligenti, perché quando si stabiliscono i passaggi tutto dev’essere mantenuto nel massimo rigore ma senza stare a bastonare le persone. Da un punto di vista strutturale è fondamentale la logicità della disposizione del tutto. Per questo è davvero necessario includere un addetto ai lavori nella progettazione della cucina che dev’essere all’insegna della funzionalità. 

 

La tecnologia, se utilizzata con intelligenza, può aiutare a ottimizzare i processi produttivi e di conseguenza ridurre anche il monte ore dei cuochi, ma anche da un punto di vista gastronomico è utilissima per ottenere un risultato migliore. Poi ci sono determinate preparazioni che vanno fatte alla vecchia maniera, come per esempio le cotture delle verdure verdi in cui la sbianchitura in acqua bollente è la cosa migliore. Bisogna mettere in discussione anche i luoghi comuni e non prendere posizione in maniera ideologica: molti cuochi hanno gesti automatici in cucina che in realtà non servono a niente.” Quando gli si chiede come fronteggia le emergenze in cucina lo chef è pragmatico: “se si rompe qualcosa si cerca un metodo alternativo per ottenere lo stesso risultato qualitativo, altrimenti si propone una alternativa.” Tutte le soluzioni che aiutano la versatilità sono importanti, come il Vaporfire elettrico: “per ora lo uso come mantenitore, in alcuni eventi in cui mi serve tenere le salse a temperature, ma avrò modo di sfruttarlo meglio con l’andar del tempo”. Sul frytop fa invece molte preparazioni, dagli english muffin per colazione, alle uova, al mantenimento delle padelle e dei risotti dopo il bollore sull’induzione che ha un impatto più rapido e aggressivo: “li spostiamo lì perché la cottura è molto dolce e c’è un passaggio di trasmissione del calore più graduale. Per quel che concerne il tuttapiastra non lo usa per cotture dirette ma come mantenitore per padelle e casseruole e per le finiture delle lunghe cotture. Infine le friggitrici che oltre a servire le fritture tradizionali vengono usate per particolari preparazioni che richiedono una temperatura inferiore come per esempio la patata rossa americana in cui non si sale oltre i 110/120 °C. Quindi per concluderei direi che con Gico mi sto trovando molto bene.”

 

Marco Colognese

 

Marco Colognese

Food Writer e critico enogastronomico

Contattaci

Compila il form con i tuoi dati: un nostro consulente ti contatterà presto per approfondire le tue esigenze e per studiare insieme a te il progetto della tua cucina.
Tutto ciò che non trovi sul nostro sito, lo puoi chiedere direttamente a noi: saremo felici di rispondere alla tue richieste.